L'IDEA DELLE VETRATE

 

L’idea delle vetrate non fu dell’arch. Gardella, ma di mons. Piero Carnelli. E, veramente, solo una fede vigorosa e una volontà determinata come quelle di don Piero potevano concepire e far realizzare un’idea così originale per certi aspetti, così temeraria per altri e inoltre in continuità con una illustre tradizione. L’originalità è notevole rispetto all’orientamento architettonico e artistico che predilige forme e strutture essenziali e disadorne; la temerarietà si riferisce al grosso impegno artistico, artigianale ed economico richiesto dalle 134 vetrate.
Il legame con la tradizione fa delle vetrate di S. Nicolao una ricchezza religiosa di primo ordine, come lo furono le preziose vetrate delle chiese gotiche in Francia, in tutta Europa e anche a Milano, in Duomo.
Come le antiche, le nuove vetrate di S. Nicolao servono alla fede, istruiscono e provocano alla meditazione del mistero della nostra salvezza.
Utilizzano un linguaggio strettamente simbolico in piena aderenza, anzi anticipazione di certi filoni della cultura contemporanea, che esaltano del simbolo la funzione di rimando, di riferimento a ciò che non è presente e quindi di legame con ciò che è assente, prestandosi così a coltivare il rapporto col mistero in modo molto funzionale ed efficace.
Simbolica è la stessa idea di fare le vetrate istoriate al posto delle semplici finestre, aperture o fonti di luce, già di per sé cariche di significato in un edificio di culto. Dio è luce: le aperture alla luce e le sorgenti di luce richiamano direttamente il primo rapporto tra Dio e l’uomo, tra Colui che chiama alla luce, alla vita, che illumina e dà senso alla vita e colui che accoglie la luce, la vita, la fede, la parola ecc.
Ma nelle vetrate istoriate la luce diventa storia, la storia dell’alleanza di Dio con l’uomo, con persone elette/chiamate, con un popolo prescelto e in Cristo Gesù con l’umanità intera attraverso la risposta della fede.
Ecco che le vetrate diventano così evangelizzazione e catechesi, annuncio dell’amore di Dio in Cristo per opera dello Spirito e “appropriazione”, nella Chiesa, ditale grazia. Il tutto con precisi riferimenti agli scritti dell’Antico e del Nuovo Testamento, alla Tradizione e alla Liturgia, come rituale vivo di azione di grazie dell’intera Chiesa, di cui si utilizza anche la lingua universale, nel latino dei titoli.
I simboli e i titoli sono frutto della ricerca e dello studio di don Piero che li ha proposti verbalmente al pittore Grioni per la trasposizione artistico-iconografica.
La densità dei significati e dei contenuti di ciascun simbolo offre un sussidio rilevante all’approfondimento dei misteri sacri, provocando alla “ruminazione”, all’assimilazione, alla contemplazione orante e adorante, cioè ad attività spirituali di alto profilo umano e religioso.
La bellezza poi delle figure e lo splendore dei colori danno anche una certa esperienza della Gloria di Dio, di ciò che manifesta la magnificenza di Dio nelle sue creature. E questo desta e tiene viva la capacità di stupore, di meraviglia, di lode, di entusiasmo per il nostro Dio e Padre, che senti anche Gesù esultante in Spirito!
Il creato, la storia, tutto viene raccolto così in figure e simboli preziosi come icone, per la profondità del mistero racchiuso e facile come giaculatorie, piccole figure cioè cariche di parola divina e rendimento di grazie, cioè eucaristiche.
L’Eucaristia, il simbolo supremo dell’amore più grande, diventa così centrale, punto da cui parte ogni gesto di offerta d’amore e a cui ritorna ogni gesto di accoglienza e ringraziamento. (Cfr. vetrata grande del portale).